venerdì, settembre 10, 2010 | Author: Sonoro


Fonte: Roberta Bottari
Da Il Messaggero, 27 maggio 2005

Può la famigerata Banda della Magliana diventare un esempio di democrazia? Di certo, è stata un’organizzazione criminale unica ma, naturalmente, nel suo genere. Molto feroce e molto romana , la banda era anche la sola senza un capo: nell’organizzazione, assolutamente orizzontale, vigevano regole di solidarietà e di mutuo soccorso. Regole che, in realtà, sono saltate dopo un’anno, provocando una carneficina, perché sangue e democrazia difficilmente vanno d’accordo. Le vicende della gang sono raccontate nel film di Daniele Costantini, Fatti della Banda della Magliana , costato appena 500 mila euro (meno della “S” del manifesto di Star Wars ), girato nel carcere romano di Rebibbia e interpretato da attori professionisti e da detenuti. Il film, ispirato allo spettacolo teatrale Chiacchiere e sangue (scritto e diretto sempre da Costantini) è prodotto da Goodtime Enterprise e Istituto Luce (che lo distribuisce nelle sale da domani in 15 copie) e ricostruisce la straordinaria vicenda della Banda della Magliana, che fra il 1977 e i primi anni Novanta dominò Roma, attraverso il traffico di stupefacenti e la connivenza con mafia, politica, terrorismo nero, massoneria e servizi segreti deviati. «La mia - assicura il regista - è una rievocazione tratta dagli atti istruttori della Procura di Roma». Una pagina di storia che ha ispirato anche il giudice Giancarlo Di Cataldo per il suo Romanzo criminale , che Michele Placido porterà al cinema (le riprese sono appena finite). Nel film di Costantini, si vede come la Banda della Magliana fosse implicata in molte delle vicende oscure dell’Italia degli anni Settanta e Novanta. Il pentito racconta dei suoi rapporti con il criminologo Aldo Semerari di Ordine Nuovo e quelli con il Clan dei Marsigliesi; dell’attentato al vicepresidente del Banco Ambrosiano, Roberto Rosone, e di un incontro con Flaminio Piccoli durante il sequestro Moro. Ma su questi aspetti, il film non insiste, anzi, sorvola, si tiene in realtà lontano dai fatti più scottanti della Banda: non fa cenno, per esempio, della possibile partecipazione della gang romana alla strage di Bologna. «Si è trattato - spiega il regista - semplicemente di una scelta obbligata: raccontando una storia in un’ora e 30 minuti di film, a qualcosa si deve rinunciare. Per la strage, comunque, non sono state trovate prove».
Nel cast di Fatti della Banda della Magliana , figurano Francesco Pannofino, Roberto Brunetti, Fabio Grossi e Francesco Dominedò, più venti detenuti con esperienze di teatro vissute nello stesso penitenziario, fra cui Tommaso Capogreco, Mario Contu, Lucio Sinisi e Gianfranco Zuncheddu. Nei panni del giudice, Leo Gullotta. «Quella della gang romana - afferma Costantini - è una storia straordinaria. Come del resto quasi tutte le vite dei gangsters: molto brevi, ma di una bruciante intensità. Mi affascinano quelle esistenze caratterizzate da un frenetico apprendistato, una rapidissima ascesa e un’altrettanto veloce e inevitabile declino». Ma il regista viene interrotto dai detenuti: «Invece è una vita infernale. Chi ci restituirà - dicono - gli anni buttati qui dentro?». «Sono detenuto da 8 anni e mezzo e dovrò scontarne altri sette e mezzo, ma fuori mi piacerebbe fare l’attore. É incredibile che un sogno surreale come quello di recitare, si sia realizzato in un posto come questo», afferma Lucio Sinisi, che interpreta Paolo Urbinati. «Io invece non so se tornerò a calcare le scene, attualmente - sostiene Tommaso Capogreco (nel film è “Operaietto”) - sono in regime di semilibertà, mi mancano 13 mesi. Faccio il barista all’Università e non è poi così male».
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